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Friday 31 October 2008

gli anni passano ma...

il manifesto 3 febbraio 2006
INTERVISTA Ricerca all'Enea precarietà a vita Una giovane biologa spiega la sua difficile resistenza GUGLIELMO RAGOZZINO Vi è stato un imprevisto alla presentazione del Rapporto Energia e ambiente dell'Enea (Rea). Dopo il presidente dell'Autorità Energia e Gas Alessandro Ortis e prima del ministro per l'Ambiente Altero Matteoli il commissario Paganetto ha dato la parola «per due minuti» a una ragazza bruna, palesemente incinta, che indossava una maglietta rossa, Elena De Luca. L'abbiamo intervistata. Che lavoro fai? Sono una biologa e studio l'effetto dell'inquinamento in agricoltura. Sono da sei anni all'Enea, dopo essermi laureata nel 1998. Dopo un paio di anni di lavoro precario all'Università, ho cominciato a lavorare all'Enea con un assegno di ricerca e poi, dopo interruzioni, con altre forme contrattuali. Quanto guadagni? 1.300 netti al mese. Non è poco, anche se non c'è tredicesima. Per la pensione c'è una gestione separata dell'Inps. Il guaio è la precarietà; non si sa mai cosa avverrà alla scadenza del contratto. Dove lavori? Alla Casaccia, presso Roma, la sede principale delle nostre ricerche. Faccio parte di un gruppo che studia l'ozono e l'ossido di zolfo e inoltre si occupa del compost da rifiuti. Questo interesse dell'Enea per l'agricoltura è antico; esisteva già ai tempi del nucleare. Hai visto che perfino Bush propone di usare i rifiuti agricoli per sostituire il petrolio mediorientale? E' una linea di ricerca possibile, ma è anche demagogica. Bisogna ridurre i rifiuti, non produrne il più possibile per usi alternativi. Anche all'Enea, a Trisaia credo, c'è un gruppo che studia le biomasse per farne combustibile. Noi invece vorremmo restituire al terreno il nostro compost per ridurre l'impoverimento del suolo. Anche il decreto Ronchi metteva al primo posto il recupero. Fare rifiuti «umidi» per bruciarli non è il massimo. Ho saputo che sei stata licenziata mentre aspettavi la tua prima bambina, incinta di sei mesi. Eri già all'Enea? E' stato tra un lavoro all'Enea e l'altro. La nostra vita di precari non è tranquilla. Nell'intermezzo lavoravo come insegnante. E' stata una scuola parificata a farmi fuori. Ma come è possibile? Ero una Cococo non sposata. Una persona da buttare. E allora cosa hai fatto? E' stato quattro anni fa. Al sindacato confederale mi hanno detto che non potevano farci niente. Invece il sindacato di base che ho conosciuto allora, mi ha fatto vincere la vertenza. Quelli che manifestavano qui fuori? Sono forti all'Enea? Un po' più di allora. Ma non siamo riconosciuti: non abbiamo spazi, né una bacheca per attaccare i comunicati. Il «presidio» (fischietti e striscioni all'ingresso, ndr) serviva anche a questo. Lo sai che il contratto è scaduto dal 2002? Quanto si sia forti è difficile dirlo. All'Enea c'è un alto livello di sindacalizzazione. Abbiamo due eletti nella Rsu, alla Casaccia e a Portici. Come ti spieghi che il finanziamento all'Enea sia sceso da 424 a 245 milioni di euro tra il 2000 e il 2004? Agli occhi del mondo l'Enea è una vetrina e un luogo di passaggio per i dirigenti. Un fiore all'occhiello, anche se i fatti parlano un linguaggio diverso. L'età media del personale a tempo indeterminato è di 50 anni, tanti per un sistema di ricerca. Gli ultrasessantenni sono 342. Il personale è formato per metà da amministrativi; dei 600 precari nelle varie e innovative forme adottate, gran parte sono ricercatori: i più fortunati a tempo determinato, gli altri assegnisti di ricerca, quando va bene. Perché ci sono anche i triangolati, che sono affittati da qualche impresa all'Enea e rimangono lì per anni, senza mai entrare nell'organico. Si fa per dire, organico. L'Enea non ha una pianta organica: non si sa cosa facciano i lavoratori, né quanti siano, a fare cosa. Come vedi il futuro? Spiace dirlo perché sarebbe molto importante avere una struttura forte, nella ricerca e nell'innovazione. Invece sembra che si prepari uno smembramento: di qui l'agenzia, di là un'affiliazione al Cnr. Corrono nel frattempo voci strane, come quella di portare a 80 il numero dei dirigenti. Da che ci sono io sono cambiati tre direttori generali e tre presidenti. Ma la linea sembra venire da molto più lontano. Un'ultima domanda: cosa c'era scritto sulla tua maglietta? C'era scritta la mia condizione: «lavoratrice imprecaria».
http://www.precaridellaricerca.org/
VR

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